Passeggiamo per le vie del centro, l'atmosfera estiva è alle porte.
C'è chi si gusta un aperitivo nei locali all'aperto, un gruppo di musicisti smonta il palco su cui ha appena terminato di suonare.
Con il naso all'insù osservo le finestre delle case che si affacciano sul corso, sono aperte.
Si odono voci di chi si appresta a tavola, e nell'aria si percepiscono i profumi della cena che si consumerà a breve.
Giungiamo alla nostra meta, piazza Albizzi, una piccola isola di silenzio, nella zona pedonale della città, dove l'Osteria Albizzi, fa da padrona, tanto da permettersi l'estrosità di non avere una vera e propria insegna.
Il locale non è grandissimo, ricavato da un ex cartoleria, ma se ne percepisce da subito l'intimità e armonia.
L'ingresso è essenziale. Un tavolo, qualche seduta, casse di vino appoggiate a terra, e quello che normalmente si cerca all'esterno... il pannello recante il logo del locale.
Colpisce la parete nera 'lacerata' per tutta la sua lunghezza da una finestra, attraverso la quale si scorgono gli chef indaffarati.
Grazie a questo colpo di luce gli occhi sono calamitati verso la cucina al lavoro, come a sottolineare ulteriormente chi è la protagonista assoluta dell'osteria.
Altro punto focalizzante è la zona bar, con un bellissimo bancone decorato con maioliche bianche e blu, e ricolmo di bottiglie di vino e di calici.
Lì ci accoglie Carolina con il suo sorriso, la sua delicatezza e la sua professionalità.
Titolare del locale assieme al fidanzato Luca, in cucina, hanno deciso di affrontare questa nuova avventura, che sta dando giorno dopo giorno i suoi frutti da 1 anno e mezzo a questa parte.
Caratteristica comune dei locali aperti dagli oramai numerosi giovani che intraprendono questa strada, sono lo stile pulito, moderno e l'essenzialità dell'arredamento, ma non manca di certo l'attenzione ai dettagli per rendere la location unica nel suo genere e mai scontata.
L'eleganza delle pareti scure e chiare arricchite da quadri modernisti, donano un tono chic, mentre gli specchi rendono più ampi gli spazi.
I tavoli sono sobri, illuminati da lampadari anch'essi di design.
In esterno un soppalco coperto da ombrelloni permette di cenare al fresco nella stagione estiva.
Noi optiamo per il dehor.
Portandoci il menù, nell'attesa dell'ordine, ci offrono pane sfornato dalla cucina e delle mandorle spagnole tostate e salate.
La lista è ricca di proposte interessanti e per nulla banali che cambiano periodicamente.
Gli ingredienti sono tutti di gran qualità e ricercatezza.
Carolina ci racconta che viene data una grandissima attenzione al pescato, offrendo prelibatezze e fuori menù proprio in base a quello che di meglio e di fresco si trova sul mercato.
Ma non solo, la scelta offre degli ingredienti prelibati come il rinomatissimo Wagyu in tipico stile kobe giapponese, caviale Baikal, pata negra de Bellota, paté d'oca Roger Vidal e fois gras Georges Bruck.
Scorrendo l'elenco i piatti in menù sono inseriti in categorie di 'cibi rari e preziosi', 'vegetariani', 'pesce' e 'carne'.
Ognuno può creare la propria sequenza, alternandoli a proprio piacimento, ovviamente il personale è a completa disposizione per qualsiasi consiglio e chiarimento, per suggerire cosa è più indicato per iniziare e concludere il pranzo o la cena.
Molte portate ricordano l'influenza asiatica, fusion, sia nella metodo di cottura sia nei singoli ingredienti utilizzati.
Scelta ardua, ma mi faccio tentare dalle giganti capesante americane scottate in padella e accompagnate a pata negra.
Filippo opta per tartare di ricciola pompelmo e soia.
Entrambi piatti sfiziosi che possono aprire le danze.
Continuiamo con il BBQ di calamari, code di mazzancolle e capesante con impanatura di pane, scorza di limone e pistacchio e un gradevole sapore affumicato.
Mi stuzzica un fuori menù di filetto di ricciola hamachi con insalata di finocchi al sesamo, la cui preparazione e cottura fanno percepire il gradevole contrasto leggermente croccante del pangrattato panko ( tipico giapponese) con erbe aromatiche e mandorle che la avvolgono e il suo interno, delicato, rimasto crudo.
Ci dividiamo anche un piatto di spaghetti artigianali Mancini con tartufo di mare sgusciato.
I sapori sono ben accostati, si sposano perfettamente e sono ben percepiti al palato. Cottura perfetta.
Incuriosita dal sorbetto al sambuco chiudo così la mia cena, mentre Filippo decide per la pavlova, dolce di origine australiana, in cui la meringa è accompagnata da crema chantilly e passion fruit.
Il fatto che l'ha divorata in un nanosecondo mi fa capire che è stata di suo gradimento.
Non vorrei dimenticarmi della carta vini, decisamente di ampia scelta sia di gusto che di prezzo, dalle eccellenze del territorio, spaziando tra vitigni biologici e biodinamici, per approdare a case francesi, americane, australiane.
Noi abbiamo pasteggiato con un prosecco, millesimato, biologico della Valdobbiadene, dal sapore leggermente fruttato e che lasciava una persistente e gradevole sensazione in bocca, quasi setosa.
Amo le sfide e gli azzardi in cucina, e quando sono ben riusciti, mi fanno apprezzare ancora di più la scelta e il coraggio di un locale di differenziarsi dalla folla.
Finalmente un angolo di cucina internazionale nel panorama di Cesena, frutto della passione e delle esperienze maturate dalla coppia di gestori che annoverano nel loro curriculum anni passati a Dublino e in Australia, pur sempre continuando a coltivare il sogno italiano di aprire un locale nella loro terra di origine... e così è stato.
L'apertura dell'Osteria Albizzi, un'osteria sì, ma chic... dove ovviamente il conto rispecchia in pieno la scelta della creatività e della qualità.
Un'ultima curiosità... digitando sul web il nome dell'osteria, non esiste un vero sito, ma si viene reindirizzati ai social network per eccellenza del momento, facebook, twitter, instagram... anche da questi particolari traspare la freschezza della gestione, che ha la consapevolezza del potere mediatico di questi canali, dove si può interagire istantaneamente e dove si possono carpire, da foto e commenti, attimi di vita quotidiana del locale nel suo evolversi.
voto 8
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